venerdì 25 luglio 2008

Gavetta sulle due ruote, Lambre, '79

Quando nel 1986 potei finalmente inforcare il 1° motociclo della mia vita, un Ciao Piaggio, era stato appena introdotto il casco obbligatorio, accessorio di sicurezza che mi fu molto utile quando volai a terra dopo che tagliarono la strada al Dingo Moto Guzzi 3V ereditato dal nonno materno, ancora in ottimo stato e poi regalato da mio padre ad un suo collega africano, quando smisi di portarlo a spasso in mezzo all'inferno di scooter giapponesi e coreani che invasero l'Italia nei primi anni '90. Per tutti gli anni novanta fu sempre un grande spasso prendere a noleggio o in prestito sulle isole greche, e senza casco, ogni sorta di Vespa Piaggio fosse miracolosamente approdata a Corfù, Rodi, Paros, Paleocastriza (quella di "Mediterraneo"), Creta, Zante...: oltre ad una fantastica faro tondo rossa 50 con cui finii sulle scale d'ingresso di un bar con un mio amico, in quanto rotta di freno passata la cima di una ripida montagnola; un PK 50, una Cosa grippatissima, un PX 80 proveniente dalla Germania velocissimo ma rumorosissimo per via di una marmitta rotta non so dove. L'ultima volta che sono stato in Grecia, vista la locale ed inesistente manutenzione degli scooter Piaggio, ho pensato bene di noleggiare un'orrendo scooter giapponese a presa diretta, ma sicuramente più affidabile se volevi girarti tutta un isola in due. Fino al 2005, anno di fugace utilizzo di un plasticone italiano aziendale, la mia esperienza sulle due ruote piccole o medio alte era stata tutta qua. Poi un giorno scartabellando le foto di questo nonno materno del Dingo Guzzi, scopro e lo ritrovo su una Lambretta 125 D dei primi anni cinquanta, casco e giubotto in pelle, occhialoni d'epoca, scarpe da aviatore e pantalone da cavallerizzo, elegantissimo ed orgoglioso di quel prezioso mezzo di trasporto per sè, mia nonna e i sei figli che avrebbero composto la famiglia. L'anno dopo trovata una Junior 50 e una Vespa 50 Special ne inziai faticosamente il restauro, per poi vendere la J vista la scarsa resa in velocita', ed appoggiare la Special a casa di mio padre (entusiasta la usa per andare a lavorare- mai posseduta una) sostituendola con una LI 125 3° serie 1962 e una Lis 150 Special, la prima radiata d'ufficio e poi restaurata con iscrizione Targa Oro FMI, la seconda dotata di modernità tecniche come freno a disco idraulico, accensione elettronica 12 volt ed ovviamente parecchie cromature extra. Sapevo già da ragazzo questi scooter erano il mezzo dei Mods, ma le Clarks le portavo già dall'asilo, di rhythm'n'blues, Style Council, Rod Stewart e poi Oasis, Blur, Kula Shaker avevo già abusato dalla metà degli '80 fino alla fine dei '90. Solo quando ho avuto modo tramite djset, serate, raduni e Beppe, il Mod delle Morane, di apprezzare il '79 "peso" dei vari Lambrettas, Secret Affair ecc..., ho sposato un'identità così precisa e definita. Quel genere mi quasi costretto in Lambretta ed appiccicato addosso Il Target, unendosi al mio naturale interesse per tutto il Made e Borned in Italy troppo facilmente accantonato ed affogato dai mass media, dal consumismo di massa. Il '79 non lo conoscevo proprio, c'era ma non era finito nelle mie orecchie prima. Ora me lo godo più di chi lo ascolta dai trent'anni che scattano nel 2009, e quando fa freddo in inverno, quando piove e ho le mani gelate sotto i guanti, Time for action mi porta sempre a casa e mi ricorda che a parte il sonno, non devo fermarmi mai...

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