giovedì 24 luglio 2008

Storia Innocenti, Lambretta, Mini Italiana

Tra gli anni venti e trenta, il figlio del gestore di una piccola ditta di ferramenta vide nell'espansione dell'edilizia un possibile mercato su cui fare la propria fortuna, iniziando in quel periodo a produrre particolari tubi destinati a diventare famosi con il nome del loro produttore: sto parlando dei tubi Innocenti, ancora oggi usati per impalcature e piccole strutture quali palchi o tribune provvisorie e rapidamente smontabili, la cui invenzione si deve a Ferdinando Innocenti.Grazie a questa e ad altre imprese geniali, egli divenne uno dei grandi imprenditori italiani del periodo, entrando a far parte di una cerchia di uomini le cui intuizioni e progetti contribuirono non poco a costituire l'Italia industriale destinata al boom del dopoguerra. Purtroppo, ai giorni nostri, mi sembra che si sia un po' dimenticato questo grande uomo: tutti siamo portati a ricordare altri nomi, parlando di industrie italiane, ma vorrei sottolineare e ricordare a tutti come queste realtà produttive considerate ingiustamente minori siano state importantissime per risollevare l'Italia dalle devastazioni belliche. E furono proprio le devastazioni belliche una sorta di deus ex machina per la più importante svolta nella storia di questo imprenditore! Fin dal 1933, una parte importante delle attività dei Fratelli Innocenti (oltre a Ferdinando non dimentichiamo Rosolino) era concentrata negli impianti siderurgici di Milano Lambrate nelle vicinanze del fiume Lambro: durante la guerra, questi stabilimenti furono dapprima convertiti alla produzione di armamenti, specialmente proiettili, e poi vennero seriamente danneggiati dai bombardamenti. Finita la guerra, al momento di riconvertirsi alla produzione civile, si tornò lentamente alla normalità con la creazione di macchinari siderurgici e con la volontà di diversificare ulteriormente la produzione con un mezzo di trasporto per le masse.Si narra, infatti, che Ferdinando fosse rimasto affascinato nel vedere i piccoli mezzi a due ruote dei paracadutisti alleati, pensando che un mezzo robusto, semplice e a basso costo come quello potesse avere un interessante mercato nell'Italia post-bellica sicuramente affamata di mezzi di trasporto economici. Fu una intuizione felice, che l'ingegnere Torre tradusse in pratica facendo nascere un mito dell'Italia del dopoguerra: la Lambretta, il cui nome è evidentemente ispirato al fiume Lambro che scorreva vicino agli stabilimenti di produzione. Siamo nel 1948: la Lambretta ebbe un successo straordinario e avrebbe potuto averne ancora di più. Se non che, negli stessi anni e con le stesse finalità di motorizzare il popolo a basso costo; l'ingegnere di estrazione aeronautica Corradino d'Ascanio progettò per la Piaggio un motociclo destinato a spopolare: la Vespa.Tecnologicamente, i due veicoli avevano ben poco in comune, e crearono ben presto due opposte fazioni quasi alla Bartali e Coppi. Sinceramente, pur ammettendo la superiore tecnologia e la maggiore guidabilità della Lambretta; la Vespa poteva contare su una estetica un po' più curata e gradevole, che alla lunga le consentì di sopravvivere alla rivale (anche se con gli anni finirono per diventare esteticamente molto simili).Ma Lambretta o Vespa che sia, già durante gli anni cinquanta le due ruote cominciarono ad andare strette ad una fetta di popolazione affamata ora di automobili . Nel 1955 debutta la Fiat Seicento, nel 1957 la Nuova 500 e l'Italia comincia ad essere invasa da una orda di utilitarie a motore posteriore che si fanno largo tra gli ancora diffusissimi scooter.Nel Febbraio del 1956 appare nelle edicole un nuovo mensile, Quattroruote, destinato a diventare ben presto una sorta di bibbia dell'era dell'auto che muove i primi timidi ma già importanti passi. La voglia di auto non si può ignorare, e anche all'Innocenti si pensa al debutto nel campo delle quattro ruote: tra il 1957 ed il 1958 l'ingegner Torre progetta una piccola vettura da produrre interamente in casa, ma il progetto naufraga, forse anche per colpa della forte concorrenza con cui si sarebbe dovuta scontrare.Infatti, la Fiat, negli stessi anni, dapprima esordisce (come detto) con ben due modelli utilitari e poi fonda con Pirelli e altri l'Autobianchi destinata a produrre la Bianchina… e l'Acma-Piaggio, in Francia, produce la microvettura Vespa 400! Quale che sia la ragione dell'abbandono del progetto (qualcuno parla anche di dissapori con l'Ingegner Torre); all' Innocenti si decide cambiare totalmente rotta, contattando nel 1959 la British Motor Company per produrre su licenza il modello inglese Austin A40, una simpatica berlina due volumi che dal 1960 porterà anche il marchio italiano. Le vendite della A40 nazionalizzata vanno bene e ad essa vengono presto affiancate la serie IM-J (Austin 1100-1300) e le piccole Coupè e Spider 950 e 1100 a rinsaldare le posizioni acquisite sul mercato. Ma la vera mossa vincente verrà qualche anno più tardi, nel 1965, quando la casa italiana si aggiudica la produzione su licenza anche della creatura di Sir Alec Issigonis, cioè la famosissima Mini. Questa piccola fenomenale vettura, fin dal 1959 riscuoteva consensi in tutta Europa, ma, da noi, non quanto si sperava a causa del prezzo troppo elevato dovuto alle alte tasse di importazione: ecco quindi perché si rese necessaria la costruzione in loco di una versione specifica per il nostro mercato. La Mini nazionalizzata aveva leggere differenze dai modelli inglesi: la calandra di disegno diverso, il cofano posteriore adattato alle nostre targhe, particolari del motore e degli interni diversi e più in generale un migliore livello di finitura. Per il resto, gli ingredienti di base del modello che contribuirono a farne un fenomeno di costume, c'erano tutti e anche in Italia la Mini ebbe una lunga e florida esistenza nel periodo a cavallo tra gli anni sessanta e settanta. La prima Mini italiana fu la Mini Minor 850 che arrivò alle catene di montaggio sul finire del 1965. L'anno successivo le venne affiancato il modello Traveller con le mitiche finiture in legno a rinsaldare il successo della versione berlina: per entrambe motore di 843 cc per 34cv.Durante lo stesso 1966, all'età di 85 anni, muore il Commendatore Ferdinando Innocenti. Suo figlio Luigi prenderà le redini dell'azienda, ma essa, da questo momento in poi, privata delle capacità manageriali del proprio leader carismatico; comincerà lentamente a perdere terreno rispetto alla concorrenza. Il tutto non avviene drasticamente, ma è chiaro che viene a mancare la dinamicità della gestione di Ferdinando. Nel 1967 arriva anche per l'Italia la prima versione della Mini Cooper 1100 e le versioni 850 aumentano la potenza a 41,5 cv. L'anno successivo è la volta della serie Mk2 che vede l'introduzione del nuovo modello Traveller interamente metallico. Le modifiche per tutte riguardano le fanalerie posteriori più ampie e squadrate, la calandra, il lunotto e altro; ma per avere i vetri discendenti e per vedere sparire le cerniere esterne delle porte, bisognerà attendere la versione Mk3 del 1970, anno in cui debutta anche la MiniMatic. Una ulteriore evoluzione della gamma arriva con le versioni del 1972: la 1000-1001 e la Cooper 1300 dapprima affiancano e poi sostituiscono la serie Mk3. Tutte si distinguono a colpo d'occhio per la calandra in plastica nera, oltre ad altre modifiche meno evidenti. Questi nuovi modelli, però, non bastano alla Innocenti per salvarsi dalla crisi che da un po' di tempo la colpisce: nello stesso 1972, l'azienda finisce nelle mani della British Leyland.Certo, il cambio di padrone non implica che la storia sia finita, ma ad onor del vero da qui in poi sembra di descrivere la lenta agonia di un malato terminale. Tra il 1973 ed il 1975, ultimo anno di produzione; per la Mini non ci sono altre novità di rilievo se non l'arrivo delle versioni Export per l'Europa e alcune modifiche alle versioni Cooper. La prima vera novità sotto la nuova gestione arriva nel 1974 e riguarda le nuove Mini che niente più hanno a che fare con i modelli inglesi. Le Mini 90 e 120, infatti, hanno la carrozzeria interamente ridisegnata da Nuccio Bertone, e presentano ora uno stile squadrato ma molto piacevole poiché ben proporzionato nel suo insieme. Questo modello indovinato ma non proprio di successo, consentirà alla Innocenti di vivacchiare attraversando le ultime ondate fallimentari che la porteranno dapprima nelle mani di Alejandro De Tomaso e poi, dal 1990, nell'orbita Fiat che, come sempre, invece di risanare, provvederà a far chiudere i battenti alla casa nel 1997.In questo lasso di tempo, le Mini di Bertone subirono una serie infinita di rimpasti di stile e motori, arrivando a montare bi e tricilindrici giapponesi della Daihatsu, anche Diesel, sulla falsa riga di quello che fece la Maserati con la Biturbo che venne rimaneggiata in decine di versioni simili ma sempre diverse.Di questo periodo buio vale comunque la pena di ricordare la versione sportiva delle Mini Bertone, erede ideale delle Cooper: la Mini De Tomaso, un aggressivo e fin troppo appariscente allestimento che disponeva di un 1275 per 74 cv con prestazioni velocistiche degne di nota. Nel 1983 tale versione adottò pure un tre cilindri turbo della Daihatsu dando origine al modello Turbo De Tomaso. Tutto questo fino al 1990. Poi, sotto le ali della Fiat, il nulla. Solo umilianti riproposte di vecchi modelli quali Uno e Duna Week End rimarchiati Innocenti e offerti a prezzo da saldo.Ed ecco, signore e signori, un ennesimo vero osceno spreco di un altro dei nostri prestigiosi marchi che costituiscono un patrimonio dilapidato allegramente dalla Fiat, come ad esempio lo Scorpione dell'Abarth finito a fare da marchietto per stupide bandelle sottoporta e alettoni o per versioni tamarre di auto di serie.Una vera tristezza. E pensare che il mondo questi marchi ce li ha invidiati e non poco! In un sito inglese si definisce Ferdinando Innocenti uno dei maggiori imprenditori europei. Esagerazione? Non credo proprio: siamo noi esagerati nel dimenticare e disprezzare tutto quello che appartiene al nostro passato invece di valorizzarlo e prenderne le mosse per cercare di ripeterlo…
***Evoluzione delle Mini italiane (fonte web)1965- Mini Minor 8501966- Mini Cooper 1100- Mini Traveller 850 (legno)1968- Mini Minor Mk2 850- Mini Cooper Mk2 1000- Mini Traveller Mk2 850 (legno)- Mini Traveller Mk2 850 (metallica)1970 (versioni con e senza deflettore)- Mini Minor Mk3 850- Mini Cooper Mk3 1000- Mini Matic 10001971- Mini Traveller Mk3 850 (metallica / deflettore)1972- Mini 1000- Mini 1001- Mini Matic 1000- Mini Cooper 1300- Mini Traveller 10001973- Mini 1000 Export- Mini 1001 Export- Mini Matic 1000 Export- Mini 1300 Cooper Export
Emiliano Boschello http://pagine70.com

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