venerdì 25 luglio 2008

Lambretta ai 200 km/h

Lambretta da record
Nell'epoca in cui il primato di velocità era un grande mezzo di pubblicità, in quanto spesso ottenuto con mezzi derivati dalla serie, due ditte, Piaggio e Innocenti si diedero battaglia.
All' inizio del 1951 l'ing. Torre direttore tecnico della innocenti, con l'ing. Alfieri, i meccanici Cassola e Giuliani, mette a punto un mezzo destinato, per la sua superiorità, a concludere definitivamente la sfida.I piloti Romolo Ferri e Carlo Poggi nel periodo dal 19 fino al 27 maggio 1951, con la Lambretta carenata, danno vita ad una avvincente caccia al record.
Il 19 maggio Poggi migliora i record sulle distanze di 10 chilometri, 10 miglia, 50 chilometri e 50 miglia con medie comprese fra i 143 ed i 161 Km/h.Il 23 prova Ferri che ritocca leggermente i record sui 10 km (144 km/h contro i 143 di Poggi) e di pochissimo quello sulle 10 miglia mentre punta a quello dei 100 km ottenuto alla media di 160 km/h ed a quello delle 100 miglia (media 159 km/h).Il 25 riprovano sia Ferri che Poggi sulle distanze più brevi. Nella lotta fra loro il primo porta il record sui 10 km a 150 km/h e quello sulle 10 miglia a 154 km/h, il secondo fa ancora meglio riprendendosi il record sui 10 km a 151 km/h e quello sulle 10 miglia a 156 km/h.
Il 27 infine è Ferri a tentare il record dell'ora e lo ottiene percorrendo la distanza significativa di 158,6 km. Ormai la Lambretta è praticamente in possesso di tutti i record della classe 125 con pochissime eccezioni.L’ingegner Pierluigi Torre vuole portare il mezzo anche al record assoluto oltre i 200 km/h.Il tentativo ha luogo l'8 agosto, sul tratto di autostrada tra Monaco e Ingolstadt e il risultato sperato viene raggiunto. Sul chilometro lanciato la media è di 201 km/h e rimane sui 200 anche per il miglio lanciato scendendo a 183 per i 5 km lanciati. Vengono battuti anche i record sul chilometro da fermo ad una media di 105 km/h e sul miglio da fermo a 123 km/h.

Gavetta sulle due ruote, Lambre, '79

Quando nel 1986 potei finalmente inforcare il 1° motociclo della mia vita, un Ciao Piaggio, era stato appena introdotto il casco obbligatorio, accessorio di sicurezza che mi fu molto utile quando volai a terra dopo che tagliarono la strada al Dingo Moto Guzzi 3V ereditato dal nonno materno, ancora in ottimo stato e poi regalato da mio padre ad un suo collega africano, quando smisi di portarlo a spasso in mezzo all'inferno di scooter giapponesi e coreani che invasero l'Italia nei primi anni '90. Per tutti gli anni novanta fu sempre un grande spasso prendere a noleggio o in prestito sulle isole greche, e senza casco, ogni sorta di Vespa Piaggio fosse miracolosamente approdata a Corfù, Rodi, Paros, Paleocastriza (quella di "Mediterraneo"), Creta, Zante...: oltre ad una fantastica faro tondo rossa 50 con cui finii sulle scale d'ingresso di un bar con un mio amico, in quanto rotta di freno passata la cima di una ripida montagnola; un PK 50, una Cosa grippatissima, un PX 80 proveniente dalla Germania velocissimo ma rumorosissimo per via di una marmitta rotta non so dove. L'ultima volta che sono stato in Grecia, vista la locale ed inesistente manutenzione degli scooter Piaggio, ho pensato bene di noleggiare un'orrendo scooter giapponese a presa diretta, ma sicuramente più affidabile se volevi girarti tutta un isola in due. Fino al 2005, anno di fugace utilizzo di un plasticone italiano aziendale, la mia esperienza sulle due ruote piccole o medio alte era stata tutta qua. Poi un giorno scartabellando le foto di questo nonno materno del Dingo Guzzi, scopro e lo ritrovo su una Lambretta 125 D dei primi anni cinquanta, casco e giubotto in pelle, occhialoni d'epoca, scarpe da aviatore e pantalone da cavallerizzo, elegantissimo ed orgoglioso di quel prezioso mezzo di trasporto per sè, mia nonna e i sei figli che avrebbero composto la famiglia. L'anno dopo trovata una Junior 50 e una Vespa 50 Special ne inziai faticosamente il restauro, per poi vendere la J vista la scarsa resa in velocita', ed appoggiare la Special a casa di mio padre (entusiasta la usa per andare a lavorare- mai posseduta una) sostituendola con una LI 125 3° serie 1962 e una Lis 150 Special, la prima radiata d'ufficio e poi restaurata con iscrizione Targa Oro FMI, la seconda dotata di modernità tecniche come freno a disco idraulico, accensione elettronica 12 volt ed ovviamente parecchie cromature extra. Sapevo già da ragazzo questi scooter erano il mezzo dei Mods, ma le Clarks le portavo già dall'asilo, di rhythm'n'blues, Style Council, Rod Stewart e poi Oasis, Blur, Kula Shaker avevo già abusato dalla metà degli '80 fino alla fine dei '90. Solo quando ho avuto modo tramite djset, serate, raduni e Beppe, il Mod delle Morane, di apprezzare il '79 "peso" dei vari Lambrettas, Secret Affair ecc..., ho sposato un'identità così precisa e definita. Quel genere mi quasi costretto in Lambretta ed appiccicato addosso Il Target, unendosi al mio naturale interesse per tutto il Made e Borned in Italy troppo facilmente accantonato ed affogato dai mass media, dal consumismo di massa. Il '79 non lo conoscevo proprio, c'era ma non era finito nelle mie orecchie prima. Ora me lo godo più di chi lo ascolta dai trent'anni che scattano nel 2009, e quando fa freddo in inverno, quando piove e ho le mani gelate sotto i guanti, Time for action mi porta sempre a casa e mi ricorda che a parte il sonno, non devo fermarmi mai...

giovedì 24 luglio 2008

Lambretta in Sud Africa

Ben poco ho trovato della storia della Lambretta in Africa, a parte l'elenco delle concessionari presente nei libretti di manutenzione. Intanto qualche riga sulla storia sudafricana in inglese:

Lambrettas were imported into South Africa from Italy and England. At one time or another, Spanish and Indian Lambrettas have also been imported. The importation stopped and the main agent in Johannesburg closed in the 80's and there is very little by way of local support for the enthusiast. A year or 2 ago, there seemed to be quite a few Lambrettas available, but they have become very scarce of late, most having been sold back into the UK market.

Oskar, no al casco, concessionaria avvertita

NO AL CASCO OBBLIGATORIO IN VESPA!
I NOSTRI CAPELLI HANNO DIRITTO DI STARE IN PIEGA
SIAMO I MODS..NON SPORCACCIONI! (e non scherzo!!)

MI E’ARRIVATA UNA RACCOMANDATA DALLA PIAGGIO dove mi dicono che devo urgentemente portare il mio nuovo PX150 a fare un controllo perché dicono testualmente: "abbiamo riscontrato, in un lotto di produzione, un potenziale problema funzionale del motore che potrebbe causare malfunzionamenti". Mi hanno anche già fatto il tagliando (e sappiamo come è andata..) ci ho già percorso circa 2300 Km e adesso se ne accorgono? Che sia un motore addormentato l’ho sempre sostenuto, fin dai primi giorni, chissà che magari la causa del suo "sonno" non sia dovuto al difetto di quel "lotto"? vi racconterò, in ogni caso spero di non essere obbligato a portarla nella concessionaria che me lo ha venduto, in tal caso, la zona potrebbe diventare come la spiaggia di Brighton a inizio ’60..

Oskar, 6 Luglio 2007

Mods vs Rockers, scooter vs moto

Durante la metà degli anni '50 ci fu un serio spacco generazionale tra i teenager ed i loro genitori. Per la prima volta i ragazzi sentirono di avere il diritto e l'abilità di cambiare le cose. Erano stanchi di essere trattati come bambini dovendosi immediatamente comportare da adulti quando hanno cominciato a far parte della forza lavoro o dell'esercito. I giovani si resero conto che la classe sociale era troppo strutturata e loro potevano essere in grado di cambiarla rendendola diversa da quella dei loro genitori. Il giovane popolo non credeva di dover percorrere la stessa strada dei propri genitori o dei propri nonni anche se questo sistema andava avanti nei secoli.Questi anni dell'adolescenza si stavano ribellando contro la convenzione in ogni maniera possibile. Volevano essere diversi da ogni altro. Ecco perchè loro erano Mod(s). Verso la fine degli anni 50 l' Inghilterra ancora non si era ripresa completamente dai problemi economici causati dalla seconda guerra mondiale, ma vennero a crearsi in molti campi numerosi posti di lavoro. Con la carenza di manodopera causata da tantissimi incidenti di guerra e con la ricostruzione veloce del sistema economico, gli adolescenti urbani sono stati necessari per l'impiego di nuova forza lavoro. I ragazzi trovano soprattutto impieghi di ufficio e nelle divisioni postali, le ragazze come dattilografe o nei grandi magazzini al dettaglio.Avere un lavoro ha significato per il Mod disporre di un costante reddito disponibile. Il Mod era molto sociale ed ha sempre avuto il desiderio di mostrare la propria identità distinta dalle altre per mezzo di vestiti e trasporto.Spendevano centinaia di sterline per i loro scooters e per seguire lo stile Teddy Boy a cui erano appassionati. Questo stile era molto particolare anche se non è durato a lungo. Lo stile Teddy Boy era un misto tra il gangster dell'East End, e l' omosessuale e l'Edwardian del West End. I Teddy Boys hanno portato cappotti con rivestimenti di velluto, i pantaloni peg-top e scarpe di gomma. Hanno avuti tagli longish dei capelli, lasciati cadere sopra le loro facce. Le ragazze hanno portato gonne scure o plaid sopra le ginocchia, con i maglioni a collo alto.Lo stile dei capelli più popolare era chioma lunga e dritta.Anche se la moda giocava una parte importante nella vita del Teddy Boy, non era altro che uno stile seguito per rivelare la sua Modlife. A giudizio del popolo il Teddy Boy era "un mostro aggressivo, violento, selvaggio che masticava chewin-gum, stirava i capelli con grasso per capelli lisci e che andava in giro con un' ampia varietà di armamenti mortali come lamette e catene della bicicletta. I Teddy Boys combattevano in gruppi, minacciavano le signore anziane e seducevano ragazze.I Mods hanno dovuto creare un nuovo stile innovativo per i tempi che correvano negli anni '60. Parte di essere un MOD doveva essere il nuovo; apparire nel modo migliore e più originale possibile per il momento. Il Mod ha sempre desiderato sembrare differente ed essere riconosciuto per la sua moda di elite e senso dello stile. Il nuovo stile che i Mods crearono fu chiamato College Boy or Ticket. Lo stile College Boy era molto semplice e classy e versioni di esso ancora oggi si portano molto. I College Boys hanno portato capelli corti da squadra, pantaloni adeguati, Fred Perry da tennis, parka militari, scarpe dalla pelle scamosciata e trucco chiaro. La camicia Fred Perry è ancora molto popolare oggi tra i Rudies, gli skinheads ed il revivalist Mods. È una camicia di base da tennis chiamata dopo Fred Perry, un vincitore di 11 campionati di Wimbeldon negli anni '30. Le camicie mettono in mostra una corona dorata dell' alloro sul seno. Lo stile College Boy è stato considerato uno stile molto italiano che è andato bene anche con i propri scooters. Il biglietto era sinonimo di originalità per le ragazze. Le ragazze che hanno creato questo stile hanno portato vestiti normali, i pantaloni e le camicie degli uomini e non usavano trucco. Lo stile preferito dei capelli era una versione estrema dello "shingle cut" degli anni 20 con capelli alzati sulla nuca del collo. Le sopracciglia rasate. Questo stile era semplice e può ancora essere visto oggi, ma era molto risqué per il tempo. Anche se il biglietto era pricipalmente uno stile per le ragazze, i ragazzi hanno messo in mostra dei vestiti simili che consistono in abiti semplificati e un hair-cut francese con la riga. Questo periodo per il Modismo era il più notevole ed emozionante.Finalmente i media cominciarono a capire realmente che cosa stava succedendo alla gioventù. Dappertutto, camminando per Londra, si potevano incontrare molti Mods guidare i loro scooters o ballare nei nightclubs musica ska tutta la notte. Brighton ha visto molti scontri tra "Mods e Rockers" durante la Bank Holyday. Invadevano la riviera per feste nei clubs e battaglie sulla spiaggia. Dopo che una lunga lotta durante la quale i Mods usarono piccoli martelli e i rockers sedie a sdraio, la battaglia continuò per strada con atti vandalici nei negozi. Le ragazze Mods parteciparono alla battaglia con entusiasmo mentre quelle dei Rockers si sedettero appena intorno alle moto dei loro ragazzi guardando. Durante gli anni 1963-1964 Mods e Rockers sono diventati famosi per aver dato vita ad una esplosione della forza giovanile in parecchie parti di Europa. Dal 1968 tutte le battaglie furono combattute e la cultura MOD sbiadì. Il Modernismo aveva ora 20 anni ed era cominciata una nuova era. Anche se la cultura principale è morta, ci saranno ancora molti estimatori che apprezzeranno e comprenderanno il Modernismo. Negli anni 70, con bands come gli Who ed i Jam di Paul Weller che divennero incredibilmente popolari, gli scooters non caddero in disuso e l'intero stile MOD classico tornò molto di moda tra i giovani. Gli adolescenti dell'epoca non hanno dovuto riprendere gli stessi generi di rivendicazioni nei confronti degli adulti che i Mods originali han dovuto affrontare, perché la cultura giovanile era oramai un dato di fatto. Poiché i nuovi Mods non hanno vissuto le lotte che quelli prima di loro hanno fatto, erano calati in un Modism strettamente fashion. Per la maggior parte questi Revivalist Mods erano kids che non potevano realmente fare riferimento alla subcoltura del punk. Eppure, punk-rock band come i Clash mantennero le loro radici nella Brighton Mod con canzoni come 'Rudie can't fail" e "The guns of Brixton", riferimenti alla cultura Mod. Ancora una volta uno degli stili musicali favoriti degli Absolute Beginners degli anni 50, lo ska, diventa popolare. Bands come gli Specials ed i Selecter erano richiestissime in molti club in tutta l'Inghilterra. I loro tempi upbeat con un' enfasi sul back-beat erano molto popolari. La gente ha goduto questa miscela danzabile di musica pop giamaicana e punk. La maggior parte delle bands ska di questo tempo facevano parte dell'etichetta 2-Tone. La 2-Tone fu la primissima etichetta completamente ska al mondo. La seconda ondata Mods abbraccia lo stile Edwardiano dei vestiti che gli Absolute Beginners avevano portato. I vestiti di velluto con i grandi risvolti sono ancora abbastanza alla moda. I vestiti che i revivalisti degli anni 70 hanno portato avevano colori luminosi ed andavano bene con le loro Doctor Martin. Entro il 1981 gli anni dell'adolescenza erano passati ed i mods non si attenevano più alle regole iniziali. La loro scena era cambiata completamente ed erano già proiettati verso quella che fu la terza ondata mod.La terza ondata MOD sta continuando ora. Non abbiamo precisi parametri per giudicare cosa è esattamente. Per la maggior parte gli anni 90 la cultura MOD gira intorno al gruppo brit-pop "Blur", come ai gruppi della terza ondata ska come i "Mighty Mighty Bosstones", "The Pietasters" ed i "Toasters" che suonano tutti gli stili differenti dello ska. I vestiti per la terza ondata Mods sono vestiti scuri per i ragazzi e mini-maglie e maglioni per le ragazze. Di solito, la nuova cultura mod è limitata a speciali occasioni quando i Mods si vestono per assistere a spettacoli ska. Lo Scooters è ancora popolare, tuttavia, i modelli più nuovi e più veloci sono preferiti poiché la loro affidabilità sorpassa notevolmente quella dei loro storici parenti sicuramente più stilish. Anche se per i Mods della terza ondata è logico assomigliare ai Mods delle generazioni prima, qualcuno paragona i ravers urbani ai Mods degli anni 90. Questo è un confronto comprensibile perché i ravers amano ballare tutta la notte e fanno uso di anfetamine come i vecchi Mods fecero. In tutte le reincarnazioni del Modismo, gli Scooters e le anfetamine sono rimaste una costante. Questi due elementi sono durati nel corso degli anni, col cambiare dei tempi di ogni ondata.

La Lambretta Indiana

India
Fra i modelli Lambretta prodotti su licenza INNOCENTI all'estero, senza dubbio quello Indiano fu uno dei più fortunati e longevi. L'unico in cui per l'ungo tempo gli scooter Lambretta venivano costruiti da due diverse società concorrenti, la A.P.I. e la S.I.L.

Quando la Lambretta veniva costruita a Bombay
Lo sbarco della Lambretta nel popoloso paese asiatico avvenne da prima grazie ad una sinergia con la locale A.P.I. (Prodotti Automobilistici India), una società mista fra pubblico e privato con sede a Bombay. I primi modelli furono le longeve d, semplici e robuste adatte alle esigenze locali. L'INNOCENTI pose l'obbligo che la produzione non venisse esportata fuori dal paese. Con l'ingresso della serie Li nei primissimi anni '60, alcune macchine Li150 Mk2 vennero inviate dalla casa madre smontate per poi venir assemblate in India, per ridurre i costi di trasporto e forse anche per sondare l'accoglienza nel mercato di questo modello. I risultati furono ottimi e vennero allestite delle linee di produzione dei modelli Li Mk2 nelle varie versioni di cilindrata, comprendendo perfino la 175cc. La produzione indiana rimaneva più economica nelle finiture e nell'assemblaggio rispetto a quelle INNOCENTI, ma per il mercato interno non ricchissimo economicamente andava a garantire un ottimo prodotto a un prezzo accessibilissimo. Senza grandissimi stravolgimenti tecnici ed estetici le robuste Lambretta Li Mk2 A.P.I. continuarono ad esser sfornate anche dopo la chiusura delle linee produttive di Lambrate (1971). Fra le modifiche nel corso degli anni son da segnalare in primo il cambio di nome quando nel 1971 la S.I.L altra società indiana che in quell'anno acquistò le linee appena dismesse della Lambretta DL - GP di Lambrate. La licenza d'usare il marchio Lambretta così passò alla nuova società e le A.P.I. presero nuovi nome come Poli e Lamby. Altro aggiornamento arrivò nel 1986, quando si tentò di ridisegnare le linee della vetusta Li Mk2, snellendola con un paragambe più rastremato e un faro anteriore rettangolare che ricorda le DL, nella parte posteriore dello scooter apparve un faro di generose dimensioni molto simile a quello delle Vespa anni '70. Per cercare di dare una linea più filante si snellirono i cofani laterali rendendoli più squadrati. Naturalmente vennero usati molti particolari in materiale plastico, in luogo di quelli in alluminio. Il successo commerciale sperato dal produttore, in particolare all'estero, non arrivò e a ad oggi rimangono pochi esemplari di questo modello, che fu stilizzato da un progettista giapponese. La produzione fu molto esigua tanto che dopo qualche tempo si chiusero le linee produttive, forse anche perché la concorrenza interna data dalle S.I.L. era ben forte oltre all'arrivo sul mercato di scooter automatici, di progettazione giapponese. Ben più fortunata fu la produzione di veicoli a tre ruote, i famosi rickshaw motorizzati Lambretta, dal nome altamente esotico Tuk Tuk. Questi particolarissimi TAXI ancora oggi si vedono in India adibiti al trasporto di persone.

S.I.L. la continuazione della specie Lambretta
Ben diversa la storia per l'altra grande casa in indiana, la S.I.L. (Scooter Limited India) con sede a Lucknow. A ben guardare non la si può considerare una semplice società licenziataria INNOCENTI, visto che nacque proprio all'indomani della chiusura delle linee italiane, e da questa ne acquistò completamente tutti i macchinari produttivi delle Lambretta e dei motocarri Lambro. Dal 1974 entrambe le due tipologie di veicoli vengono sfornati da quegli stessi macchinari che qualche anno prima li producevano alle rive del fiume Lambro, ridando vita al nome Lambretta. Sia la Lambretta DL - GP e i motocarri Lambro erano ancora validissimi in termini di progetto, visto anche il fatto che in Italia le ultime versioni erano entrate in produzione solo qualche anno prima dalla chiusura, aiutò non poco la neonata S.I.L. a trovare buona ricettività dei suoi prodotti oltre che nel marcato interno, anche in quello mondiale, in testa a tutti quello britannico, da sempre il più lambrettistico di tutti. Sappiamo che nelle fabbriche S.I.L. non vennero solo prodotti gli scooter DL nelle tre classiche cilindrate, ma anche i modelli monoscocca come il J 125, in questo caso si notava la presenza del tipico manubrio della DL montato in luogo di quello originale con faro circolare. Come già detto la massima fortuna l'ebbe la DL che per un primo momento mantenne linee e colori della versione Italiana, in particolare per le versioni export. Sì perché le versioni dedicate al mercato interno erano nettamente più povere, tanto che montavano le vecchie selle singole come le Li. Certo è che la mitica DL 200 perse non poco, rispetto a quella prodotta negli storici stabilimenti lombardi, infatti non aveva più il bellissimo freno a disco della Campagnolo, ora sostituito da un comune freno a tamburo. La produzione interna come abbiamo detto era più economica e ancor più lo divenne quando negli anni ottanta vennero rivisti alcuni pezzi della carrozzeria e del motore. In primis il parafango anteriore divenne girevole, poi in seguito fece la sua comparsa una nuova forcella anteriore, sempre a biscottini, ma dalla linea meno pulita. I motori acquisirono l'accensione elettronica a 12 volt, particolare questo che suscitò ottima accoglienza nel pubblico degli affezionati del mitico scooter. Accensione che ancora oggi molti lambrettisti comperano per montarla sulle loro amate Li e DL. Anche se la vendita in Gran Bretagna non accenna a diminuire, in India il pubblico s'indirizza verso altri scooter, in particolar modo quelli automatici, e le auto divengono sempre più appetibili, guarda caso come accadde in Italia ed Europa intera a cavallo degli anni '50-'60, la dirigenza della S.I.L. decretò la chiusura delle linee di costruzione dello scooter nell'estate del 1997, proprio l'anno in cui decorreva il cinquantenario della nascita della mitica Lambretta. L'ultima Lambretta DL uscita dalle linee di montaggio è stata donata dall'importatore inglese A.F. Rayspeed al museo del Lambretta Club Of Great Britain. Ancor oggi rimangono la S.I.L. produce i motocarri Lambro in svariate versioni anche con carrozzerie dal tono moderno, tanto da sembrare delle autovetture. In molti sperano un riavvio della produzione degli scooter, per ora l'India rimane un ottimo bacino da cui attingere ricambi nuovissimi e scooter da ricondizionare.

Da www.lambrettaspiega.it

Storia Lambretta

La Lambretta è uno scooter nato in Italia presso gli Stabilimenti della Innocenti con sede a Milano, nel quartiere Lambrate. Il nome "Lambretta" deriva dal fiume Lambro, che scorre nella zona in cui sorgevano proprio gli stabilment del quartiere di Lambrate. Nel 1922 Ferdinando Innocenti di Pescia diede vita ad una fabbrica di tubi d'acciaio a Roma. Nel 1931 spostò tutti i propri affari a Milano, costituendo proprio nel quartiere Lambrate la più grande fabbrica di tubazioni d'acciaio senza giunti. Durante la seconda guerra mondiale, la fabbrica fu bombardata e completamente distrutta. Innocenti, nell'attesa di riacquisire da parte degli Alleati gli stabilimenti di Milano, diede vita nella Capitale allo studio del prodotto che avrebbe costituito la riconversione post-bellica della fabbrica: infatti, prendendo ispirazione proprio dai motorscooters militari americani giunti in Italia durante la guerra, e comprendendo le nuove necessità di motorizzazione utili alla popolazione nell'immediato dopoguerra, decise di dedicarsi alla produzione del rivoluzionario scooter. Nel 1947, dopo aver concluso la fase di progettazione e dopo aver ricostruito gli stabilimenti milanesi, inizia la produzione della Lambretta.
L'enorme successo non solo nazionale fece sì che la Lambretta, nei quasi 25 anni di produzione, venisse costruita su licenza anche in Argentina, Brasile, Cile, India e Spagna.
Con il boom economico esploso in Europa occidentale verso la fine degli anni '60 la richiesta degli scooters ebbe un calo, mentre l' automobile era ormai alla portata di tutti; la Innocenti dovette quindi lottare per sopravvivere finanziariamente, cosa che riuscì a fare solo fino al 1971, dismettendo la produzione. Il governo indiano comprò la catena di montaggio della Lambretta, essenzialmente per le stesse ragioni per cui Ferdinando Innocenti l'aveva costruita dopo la guerra: l'India all'epoca era un paese con poche infrastrutture e non era ancora pronta economicamente per produrre piccole automobili dedicate al trasporto privato. La SIL (Scooters of India Limited), con sede a Lucknow nell'Uttar Pradesh, fu l'impresa di proprietà statale che cominciò la produzione un paio d'anni dopo l'acquisto, continuando la costruzione della Lambretta sino al 1998. La produzione della SIL è ora concentrata su altri prodotti come motocarri e tricicli a motore propulsi da motori di derivazione Innocenti.Nel 2003 la SIL ha ceduto alla Società statunitense Khurana Group USA LLC la licenza per la produzione e la vendita negli USA di motoscooter con il marchio "Lambretta". I primi modelli, con cilindrata variante da 50cc a 150cc, sono stati lanciati sul mercato nel 2008. Pur mantenendo l'antico marchio, essi sono comunque motoveicoli di progettazione completamente originale e dotati di motori a 4 tempi e 4 valvole per cilindro, conformi alle severe normative anti-inquinamento locali. Uno tra i punti di riferimento per tutti gli appassionati di questo leggendario motorscooter (e di scooter in generale) è il "Museo dello Scooter e della Lambretta", presente nel comune di Rodano, in provincia di Milano. Il museo contiene tutti gli archivi originali provenienti dalla Innocenti e tutti i modelli rappresentanti la produzione Lambrettistica (anche pezzi unici), oltre ad un grande numero di scooter provenienti da tutto il mondo, di cui il più antico risale al 1912.
Come la Vespa, anche la Lambretta aveva un motore a 2 tempi funzionante a miscela di benzina e olio, 3 marce, con una cilindrata che variava dai 49 ai 198 cc.
Diversamente dalla Vespa, che è stata costruita con un telaio costituito da un solo pezzo, la Lambretta aveva una struttura tubolare più rigida su cui veniva assemblata la carrozzeria. I primi modelli prodotti presentavano la caratteristica della "carrozzeria scoperta", distinguendosi quindi totalmente dalla Vespa (totalmente carenata), diventando il tipico segno di riconoscimento dello scooter milanese. Comunque i successivi modelli prodotti, esattamente dal modello C del 1950, furono presentati anche in versione carenata; proprio questo modello, criticato dalla rivale Piaggio per la somiglianza concettuale con la Vespa, ebbe un gran successo tanto che dal 1957 in poi, escludendo il modello LUI, la lambretta fu sempre prodotta con carrozzeria "chiusa".
Alla fine degli anni '50, contestualmente alla scelta di carrozzeria solo "chiusa", la Lambretta viene rivista nella meccanica e nella carrozzeria, e passando per tre versioni (le serie LI), si arrivò nel 1962 ad ottenere il modello (LI III serie, "scooterlinea") che poi, con pochissime modifiche estetiche, arrivò ad essere prodotto fino al 1972 (Lambretta DL), anno in cui la catena di montaggio fu venduta al governo indiano. Dei modelli degli anni 60, i modelli TV (Turismo Veloce) e SX (Special X) sono generalmente i più richiesti e desiderati, un successo dovuto alle loro prestazioni maggiorate e al look raffinato. Il modello TV fu il primo scooter al mondo a montare i freni a disco anteriori. Vespa e Lambretta potevano essere modificate facilmente; molti modificavano e tuttora modificano questi scooter "customizzandoli" con specchietti supplementari, elaborandoli, pitturando la carrozzeria, o personalizzandoli in altri modi. tutto ciò anche alla luce della filosofia culturale Mods inglese nata negli anni '60 e ancora in voga presso il Regno Unito, che fece degli scooter italiani il mezzo simbolo della rivoluzione culturale giovanile di quegli anni. Oggi la Lambretta è un oggetto da collezionisti. Un'innumerevole quantità di Lambretta Club sparsi in tutto il mondo conserva ed alimenta il mito di questo storico scooter che, assieme alla Vespa , rappresenta inevitabilmente un'icona dell'Italia degli anni '50 e anni '60.

Storia Innocenti, Lambretta, Mini Italiana

Tra gli anni venti e trenta, il figlio del gestore di una piccola ditta di ferramenta vide nell'espansione dell'edilizia un possibile mercato su cui fare la propria fortuna, iniziando in quel periodo a produrre particolari tubi destinati a diventare famosi con il nome del loro produttore: sto parlando dei tubi Innocenti, ancora oggi usati per impalcature e piccole strutture quali palchi o tribune provvisorie e rapidamente smontabili, la cui invenzione si deve a Ferdinando Innocenti.Grazie a questa e ad altre imprese geniali, egli divenne uno dei grandi imprenditori italiani del periodo, entrando a far parte di una cerchia di uomini le cui intuizioni e progetti contribuirono non poco a costituire l'Italia industriale destinata al boom del dopoguerra. Purtroppo, ai giorni nostri, mi sembra che si sia un po' dimenticato questo grande uomo: tutti siamo portati a ricordare altri nomi, parlando di industrie italiane, ma vorrei sottolineare e ricordare a tutti come queste realtà produttive considerate ingiustamente minori siano state importantissime per risollevare l'Italia dalle devastazioni belliche. E furono proprio le devastazioni belliche una sorta di deus ex machina per la più importante svolta nella storia di questo imprenditore! Fin dal 1933, una parte importante delle attività dei Fratelli Innocenti (oltre a Ferdinando non dimentichiamo Rosolino) era concentrata negli impianti siderurgici di Milano Lambrate nelle vicinanze del fiume Lambro: durante la guerra, questi stabilimenti furono dapprima convertiti alla produzione di armamenti, specialmente proiettili, e poi vennero seriamente danneggiati dai bombardamenti. Finita la guerra, al momento di riconvertirsi alla produzione civile, si tornò lentamente alla normalità con la creazione di macchinari siderurgici e con la volontà di diversificare ulteriormente la produzione con un mezzo di trasporto per le masse.Si narra, infatti, che Ferdinando fosse rimasto affascinato nel vedere i piccoli mezzi a due ruote dei paracadutisti alleati, pensando che un mezzo robusto, semplice e a basso costo come quello potesse avere un interessante mercato nell'Italia post-bellica sicuramente affamata di mezzi di trasporto economici. Fu una intuizione felice, che l'ingegnere Torre tradusse in pratica facendo nascere un mito dell'Italia del dopoguerra: la Lambretta, il cui nome è evidentemente ispirato al fiume Lambro che scorreva vicino agli stabilimenti di produzione. Siamo nel 1948: la Lambretta ebbe un successo straordinario e avrebbe potuto averne ancora di più. Se non che, negli stessi anni e con le stesse finalità di motorizzare il popolo a basso costo; l'ingegnere di estrazione aeronautica Corradino d'Ascanio progettò per la Piaggio un motociclo destinato a spopolare: la Vespa.Tecnologicamente, i due veicoli avevano ben poco in comune, e crearono ben presto due opposte fazioni quasi alla Bartali e Coppi. Sinceramente, pur ammettendo la superiore tecnologia e la maggiore guidabilità della Lambretta; la Vespa poteva contare su una estetica un po' più curata e gradevole, che alla lunga le consentì di sopravvivere alla rivale (anche se con gli anni finirono per diventare esteticamente molto simili).Ma Lambretta o Vespa che sia, già durante gli anni cinquanta le due ruote cominciarono ad andare strette ad una fetta di popolazione affamata ora di automobili . Nel 1955 debutta la Fiat Seicento, nel 1957 la Nuova 500 e l'Italia comincia ad essere invasa da una orda di utilitarie a motore posteriore che si fanno largo tra gli ancora diffusissimi scooter.Nel Febbraio del 1956 appare nelle edicole un nuovo mensile, Quattroruote, destinato a diventare ben presto una sorta di bibbia dell'era dell'auto che muove i primi timidi ma già importanti passi. La voglia di auto non si può ignorare, e anche all'Innocenti si pensa al debutto nel campo delle quattro ruote: tra il 1957 ed il 1958 l'ingegner Torre progetta una piccola vettura da produrre interamente in casa, ma il progetto naufraga, forse anche per colpa della forte concorrenza con cui si sarebbe dovuta scontrare.Infatti, la Fiat, negli stessi anni, dapprima esordisce (come detto) con ben due modelli utilitari e poi fonda con Pirelli e altri l'Autobianchi destinata a produrre la Bianchina… e l'Acma-Piaggio, in Francia, produce la microvettura Vespa 400! Quale che sia la ragione dell'abbandono del progetto (qualcuno parla anche di dissapori con l'Ingegner Torre); all' Innocenti si decide cambiare totalmente rotta, contattando nel 1959 la British Motor Company per produrre su licenza il modello inglese Austin A40, una simpatica berlina due volumi che dal 1960 porterà anche il marchio italiano. Le vendite della A40 nazionalizzata vanno bene e ad essa vengono presto affiancate la serie IM-J (Austin 1100-1300) e le piccole Coupè e Spider 950 e 1100 a rinsaldare le posizioni acquisite sul mercato. Ma la vera mossa vincente verrà qualche anno più tardi, nel 1965, quando la casa italiana si aggiudica la produzione su licenza anche della creatura di Sir Alec Issigonis, cioè la famosissima Mini. Questa piccola fenomenale vettura, fin dal 1959 riscuoteva consensi in tutta Europa, ma, da noi, non quanto si sperava a causa del prezzo troppo elevato dovuto alle alte tasse di importazione: ecco quindi perché si rese necessaria la costruzione in loco di una versione specifica per il nostro mercato. La Mini nazionalizzata aveva leggere differenze dai modelli inglesi: la calandra di disegno diverso, il cofano posteriore adattato alle nostre targhe, particolari del motore e degli interni diversi e più in generale un migliore livello di finitura. Per il resto, gli ingredienti di base del modello che contribuirono a farne un fenomeno di costume, c'erano tutti e anche in Italia la Mini ebbe una lunga e florida esistenza nel periodo a cavallo tra gli anni sessanta e settanta. La prima Mini italiana fu la Mini Minor 850 che arrivò alle catene di montaggio sul finire del 1965. L'anno successivo le venne affiancato il modello Traveller con le mitiche finiture in legno a rinsaldare il successo della versione berlina: per entrambe motore di 843 cc per 34cv.Durante lo stesso 1966, all'età di 85 anni, muore il Commendatore Ferdinando Innocenti. Suo figlio Luigi prenderà le redini dell'azienda, ma essa, da questo momento in poi, privata delle capacità manageriali del proprio leader carismatico; comincerà lentamente a perdere terreno rispetto alla concorrenza. Il tutto non avviene drasticamente, ma è chiaro che viene a mancare la dinamicità della gestione di Ferdinando. Nel 1967 arriva anche per l'Italia la prima versione della Mini Cooper 1100 e le versioni 850 aumentano la potenza a 41,5 cv. L'anno successivo è la volta della serie Mk2 che vede l'introduzione del nuovo modello Traveller interamente metallico. Le modifiche per tutte riguardano le fanalerie posteriori più ampie e squadrate, la calandra, il lunotto e altro; ma per avere i vetri discendenti e per vedere sparire le cerniere esterne delle porte, bisognerà attendere la versione Mk3 del 1970, anno in cui debutta anche la MiniMatic. Una ulteriore evoluzione della gamma arriva con le versioni del 1972: la 1000-1001 e la Cooper 1300 dapprima affiancano e poi sostituiscono la serie Mk3. Tutte si distinguono a colpo d'occhio per la calandra in plastica nera, oltre ad altre modifiche meno evidenti. Questi nuovi modelli, però, non bastano alla Innocenti per salvarsi dalla crisi che da un po' di tempo la colpisce: nello stesso 1972, l'azienda finisce nelle mani della British Leyland.Certo, il cambio di padrone non implica che la storia sia finita, ma ad onor del vero da qui in poi sembra di descrivere la lenta agonia di un malato terminale. Tra il 1973 ed il 1975, ultimo anno di produzione; per la Mini non ci sono altre novità di rilievo se non l'arrivo delle versioni Export per l'Europa e alcune modifiche alle versioni Cooper. La prima vera novità sotto la nuova gestione arriva nel 1974 e riguarda le nuove Mini che niente più hanno a che fare con i modelli inglesi. Le Mini 90 e 120, infatti, hanno la carrozzeria interamente ridisegnata da Nuccio Bertone, e presentano ora uno stile squadrato ma molto piacevole poiché ben proporzionato nel suo insieme. Questo modello indovinato ma non proprio di successo, consentirà alla Innocenti di vivacchiare attraversando le ultime ondate fallimentari che la porteranno dapprima nelle mani di Alejandro De Tomaso e poi, dal 1990, nell'orbita Fiat che, come sempre, invece di risanare, provvederà a far chiudere i battenti alla casa nel 1997.In questo lasso di tempo, le Mini di Bertone subirono una serie infinita di rimpasti di stile e motori, arrivando a montare bi e tricilindrici giapponesi della Daihatsu, anche Diesel, sulla falsa riga di quello che fece la Maserati con la Biturbo che venne rimaneggiata in decine di versioni simili ma sempre diverse.Di questo periodo buio vale comunque la pena di ricordare la versione sportiva delle Mini Bertone, erede ideale delle Cooper: la Mini De Tomaso, un aggressivo e fin troppo appariscente allestimento che disponeva di un 1275 per 74 cv con prestazioni velocistiche degne di nota. Nel 1983 tale versione adottò pure un tre cilindri turbo della Daihatsu dando origine al modello Turbo De Tomaso. Tutto questo fino al 1990. Poi, sotto le ali della Fiat, il nulla. Solo umilianti riproposte di vecchi modelli quali Uno e Duna Week End rimarchiati Innocenti e offerti a prezzo da saldo.Ed ecco, signore e signori, un ennesimo vero osceno spreco di un altro dei nostri prestigiosi marchi che costituiscono un patrimonio dilapidato allegramente dalla Fiat, come ad esempio lo Scorpione dell'Abarth finito a fare da marchietto per stupide bandelle sottoporta e alettoni o per versioni tamarre di auto di serie.Una vera tristezza. E pensare che il mondo questi marchi ce li ha invidiati e non poco! In un sito inglese si definisce Ferdinando Innocenti uno dei maggiori imprenditori europei. Esagerazione? Non credo proprio: siamo noi esagerati nel dimenticare e disprezzare tutto quello che appartiene al nostro passato invece di valorizzarlo e prenderne le mosse per cercare di ripeterlo…
***Evoluzione delle Mini italiane (fonte web)1965- Mini Minor 8501966- Mini Cooper 1100- Mini Traveller 850 (legno)1968- Mini Minor Mk2 850- Mini Cooper Mk2 1000- Mini Traveller Mk2 850 (legno)- Mini Traveller Mk2 850 (metallica)1970 (versioni con e senza deflettore)- Mini Minor Mk3 850- Mini Cooper Mk3 1000- Mini Matic 10001971- Mini Traveller Mk3 850 (metallica / deflettore)1972- Mini 1000- Mini 1001- Mini Matic 1000- Mini Cooper 1300- Mini Traveller 10001973- Mini 1000 Export- Mini 1001 Export- Mini Matic 1000 Export- Mini 1300 Cooper Export
Emiliano Boschello http://pagine70.com

lunedì 21 luglio 2008

Paul Weller, la risposta che non ti aspetti..

Intervistatore: "Ma giri ancora a Londra sulla tua splendida Lambretta d'epoca?"
E lui: "Ormai ho quattro figli, lo scooter non lo uso quasi più. In compenso ho una fantastica Mini...".

Spero almeno che si riferisse nel 2005 magari ad uno splendido esemplare italiano prodotto in Italia dall' Innocenti su licenza Leyland. La Mini "italiana" fu prodotta (tra il 1965 ed il 1975) su licenza dalla Innocenti di Milano. Rispetto alle originali inglesi le versioni Innocenti (comprese le Cooper) presentavano alcune differenze. Avevano interni più accessoriati e meglio rifiniti e molti particolari interni ed esterni furono prodotti da marche italiane (IPRA). Anche per ciò che riguarda la parte meccanica vennero fatte delle scelte diverse come ad esempio l'adozione del servofreno su tutti i modelli Cooper indipendentemente dalla cilindrata (le inglesi montavano il servofreno solamente sulle Cooper S).
Gamma e Date di produzione:
Innocenti Mini Mk1 1965-1967 (Mini Cooper 997cc da 55Cv introdotta nel '66)
Innocenti Mini Mk2 1967-1970 (Mini Cooper 998cc da 60Cv introdotta nel '68)
Innocenti Mini Mk3 1970-1973 (Mini Cooper 1275cc da 71Cv introdotta nel '72 e contemporanea uscita di produzione della Cooper 1000)
Innocenti Mini Mk4 1973-1975 (Mini Cooper 1275cc Export da 71Cv introdotta nel '73)
Dalla meccanica della Mini originale la casa milanese trasse anche un modello totalmente separato, la Innocenti Nuova Mini.

Il film culto che celebrò splendidamente questo matrimonio automobilistico anglo- italiano è naturalmente THE ITALIAN JOB- Un colpo all'italiana con il grande Michael Caine, Rossano Brazzi, Benny Hill- Regia: Peter Collinson Anno: 1969 Durata: 101'
TRAMA
Charlie riesce a organizzare un colpo grosso a Torino, ai danni della Fiat, provocando un incredibile ingorgo stradale. Inseguimenti selvaggi, buone caratterizzazioni, ma labile e dimenticabile. Protagoniste assolute scatenatissime Mini Minor...

Scooter Power by Elio

Negli anni sessanta in sella a vespe e lambrette si evadeva davvero (con qualche controindicazione per il fondoschiena). E, rispetto ai mezzi di oggi, non ti lasciavano mai per strada o, per lo meno, con loro riuscivi a ripartire. Avete mai visto la pubblicità degli scooter degli anni Sessanta? Quelle dove il mondo è bello e ci si reca con la propria fidanzata a fare il picnic sul prato senza casco, incrociando altre coppie e pescatori che cercano di catturare la preda accanto al loro scooter. Ho visto recentemente dei filmati d’epoca che reclamizzavano le prime Lambrette e non ho potuto fare a meno di ripensare agli avventurosi viaggi compiuti a bordo della mia gloriosa Vespa. La prima cosa che mi viene in mente è il mal di culo. Uno non si potrebbe minimamente immaginare quanto male può farti il sedere dopo 4 o 5 ore di viaggio in Vespa verso l’isola d’Elba. A un certo punto dovevamo fermarci ogni mezzora per far riposare la parte. La seconda cosa che mi viene in mente è il divertimento di un viaggio in moto con gli amici. Non c’è paragone con i viaggi che facciamo adesso in automobile. D’altra parte è un po’ difficile immaginare di portarsi le valigie di una tournée in Vespa. La terza cosa che mi viene in mente è che se poi, giunto finalmente al mare, uno si fa prendere dall’entusiasmo e guida a torso nudo in costume e infradito alla Antonacci, facilmente cade trasformandosi in una specie di cotoletta impanata nella ghiaietta dell’asfalto. E così è stato. La quarta cosa che mi viene in mente è che i benzinai degli autogrill, contrariamente a ciò che si sarebbe portati a pensare, non vendono l’olio per miscela; da cui si deduce che se fai un viaggio di più di 500 chilometri prima o poi grippi. E infatti io, che fidandomi degli autogrill non avevo preventivamente acquistato l’olio per miscela, ho grippato. La quinta cosa che mi viene in mente è che dopo aver grippato in tangenziale riuscendo miracolosamente a non cadere, io, la mia fidanzata e tutti i bagagli, la Vespa è ripartita come se niente fosse. Ma stiamo parlando del vecchio PX, quello con le marce, quello col freno a pedale, insomma quello che non fabbricano più. Quello che se per caso non riparte, almeno puoi tentare una terapia d’emergenza, tipo pulire la candela oppure spingere/saltare in sella mettendo la seconda, fino a quando avverti i primi sintomi dell’infarto. Certo, gli scooter monomarcia che girano oggigiorno hanno una ciclistica migliore e vanno come delle lippe, per non parlare della comodità di non dover mai cambiare il filo della frizione quando si rompe (e prima o poi ti si rompe); ma se si ferma lo scooter monomarcia, sei finito. Riuscire a capire dove fosse situata la candela del mio Scarabeo, prima che me lo rubassero, era un problema anche per il mio meccanico; figuriamoci se mi ci metto io a cercare di individuarla in caso di guasto. Si lascia tristemente il mezzo sul posto e si chiama il meccanico che gentilmente verrà a prelevarla col furgone. Un’altra cosa che mi è venuta in mente mentre mi lamentavo è che tutti noi sapevamo prima della partenza che la Vespa non ci avrebbe traditi. E infatti è stato così. Elio

Un pò di video foto info raccolti dal Prampo

http://myspace.com/prampo
http://video.libero.it/app/users/lprampo.html
http://blog.libero.it/LambrettaModena

Noleggio Vespe e Lambrette

Quando girarono Quadrophenia la produzione del film trovò molto più a buon mercato in Inghilterra il noleggio di numerosi modelli di Vespa più che di Lambretta, con il paradossale risultato che gli scooters più amati dai Mods finirono per risultare cinematograficamente le Piaggio, e non le Innocenti da sempre più ricercate nel Regno Unito. Nel 99% dei casi in Italia la pubblicità sia televisiva che su carta stampata quando propone scooter italiani d'epoca propone Vespa e Ape Piaggio. Purtroppo in due recenti pubblicità, oltre ad una special visibile in uno spot di una TV musicale, una 175 TV 2° serie mi riferiscono finita sotto il sedere di DJ Francesco, ahinoi...

Non li conosco, ma ve li segnalo...
NOLEGGIO VESPE E LAMBRETTE
Simbolo del made in Italy, icona della dolce vita, la vespa è una marchio che incarna da anni uno stile giovane e funzionale. Attraverso una suggestiva visita della città, accompagnati dai nostri autisti e le indicazioni delle nostre guide turistiche fornite lungo il percorso attraverso l'utilizzo di un kit audio, vi faremo rivivere i momenti d'oro degli anni 60 godendo di lunghi percorsi in sella ad un mito. Il servizio di noleggio vespe e lambrette è disponibile su Milano , Roma e Catania, anche se siamo sensibili ad eventuali richieste in altre città.
http://www.sdcservice.com/noleggio-vespe-lambrette.htm

La Lambretta in Sud America

America Latina
Nel continente Americano la Lambretta trovò buona accoglienza nel mercato in particolar modo nell'America del Sud, un mercato vastissimo e con un gran bisogno di veicoli economici e robusti come appunto la Lambretta. Fin dalla sua nascita la Lambretta trovò casa nel lontano continente, infatti un lotto di 2000 Lambretta 125m (A )rimaste invendute venne esportato in Argentina, dove vennero vendute in un breve periodo. INNOCENTI nel sud del continente americano, mediante l'ausilio di società licenziatarie fu presente in ben quattro nazioni, Argentina, Cile, Brasile e Colombia. In Argentina e Cile era la SIAM che curava la costruzione della Lambretta, mentre per il Brasile vi era la Lambretta SA e in Colombia era la Auteca (Auto Tecnica Columbia) ad occuparsi della costruzione degli scooter Lambretta.

Argentina
Dopo questa prima esperienza, per poter vendere i modelli D e Ld in quei paesi lontani, INNOCENTI siglò con dei produttori locali dei contratti per far produrre i suoi scooter su licenza. Dal 1950 nelle fabbriche argentine SIAM si produssero le prime D e Ld, simpaticamente ribattezzate Siambretta. Con l'arrivo della serie Li, anche la SIAM ottenne la possibilità di costruire su licenza le gloriose Li Mk2 dal 1960. Come accadde in altri mercati la casa madre concesse anche la costruzione della serie TV 175, in realtà anche questo modello prodotto dalla SIAM era ben più povero tecnicamente ed esteticamente rispetto all'originale. I Tv prodotti in Argentina erano molto simili a quelli prodotti ad Eibar in Spagna dalla licenziataria locale, come questo aveva il parafango girevole, ma non ricevette mai il freno a disco della Mk3, cosa che invece accadde alla spagnola. Visto la distanza del continente americano dall'Italia, la SIAM assolvete il compito di rifornire delle Lambretta prodotte nei suoi stabilimenti i paesi circostanti come Cile e Uruguay. La commercializzazione delle Siambretta in quei paesi fu fatta operando il riassemblaggio di scooter inviati smontati, pur d'abbattere i costi produttivi e di trasporto. Attorno al 1970 le linee Siambretta chiusero e solo dopo qualche anno vennero acquistate da un privato che si concentrò sulla costruzione di un veicolo a tre ruote motorizzato Lambretta, molto simile a quelli prodotti in India dalle due licenziatarie locali. Questo modello aggiornato nell'estetica è ancora in produzione, in differenti versioni. Nella lunga storia produttiva della SIAM spicca fra tutti gli scooter una particolare versione di Lambretta progettata poco prima del 1970, che sfruttando la telaistica delle versioni Li tornava a riccolegarsi al vecchio stile economico delle C e D. Quindi priva di carene e meccanica a vista.

Brasile
Il caldo Brasile fu un altro grande mercato che INNOCENTI seppe conquistare con la carta degli accordi con società locali per la costruzione di scooter su licenza. Nel caso brasiliano fu la Lambretta SA, società che si costituì appunto per la costruzione dei veicoli INNOCENTI. La produzione partì negli anni '50 con le mitiche D e Ld, con le dovute modifiche tecniche ed estetiche rispetto ai modelli italiani, anche per poter garantire costi più contenuti e rifornirsi da produttori locali di alcuni componenti. Nel 1960 la Lambretta SA cambiò proprietà e prese il nome di Pasco. Nello stesso anno l'INNOCENTI diede la concessione alle varie società licenziatarie sparse nel mondo la possibilità di costruire le validissime Li Mk2, anche la Pasco passò al nuovo modello che fu un ottimo successo di vendite. Anche per la Li si registrano piccole differenze tecniche ed estetiche, pur conservando la classica linea delle Li Mk2 INNOCENTI con il grosso parafango anteriore unito al frontale. Con l'arrivo degli anni '70, la Lambretta brasiliana si rinnovò esteticamente, fu un simpatico lavoro di ringiovanimento, pur partendo dalla telaistica della Li Mk2, si cercò di avvicinarsi alle linee snelle della Mk3 italiana. Lo scudo frontale fu reso più stretto e fu inserita una nuova mascherina in tutto simile a quelle del Tv e Special, il parafango anteriore pur restando coeso al frontale venne notevolmente ridotto nelle dimensioni, il manubrio era quello delle serie Special. La cura dimagrante coinvolse in particolar modo le parti laterali e il retrotreno, eliminando le pedane e posizionando un piccolo faro in luogo di quelli usati dalla INNOCENTI. I cofani erano simili a quelli delle Special, ma senza bardature cromate e anche questi erano leggermente ridotti nelle dimensioni. Questa particolare Lambretta denominata XXXXX era una sorta di TV 175, con uno stile da COUT-DOWN, non certo raffinatissima e ricchissima rimane comunque una simpatica reinterpretazione di uno scooter non più giovanissimo. All'alba degli anni '90 così come altre società licenziatare INNOCENTI che ancora costruivano la Lambretta anche dopo la chiusura delle linee milanesi.

Da http://www.lambrettaspiega.it/

Lambretta e Vespa documenti che fare?

Grazie alla nostra monopolizzata motorizzazione civile non è difficile per il Modernista interessato all'acquisto di un vecchio scooter italico, imbattersi in mezzi provvisti ancora di targa e documenti, ma burocraticamente cancellato d'ufficio per bolli non pagati in passato. Tale macchinoso obrobrio ha tolto dalla libera e legale circolazione centinaia di migliaia di scooter, che per riassaporare il catrame delle strade dovranno essere restaurati a menadito, ovvero come uscivano dalla casa produttrice (le pubblicazioni in aiuto non mancano), ottenendo la necessaria certificazione ASI o FMI, alle quali bisogna obbligatoriamente iscriversi, per poi grazie ad atto costosissimo di un notaio e all'agenzia di pratiche auto mai a buon mercato, avere la possibilità con la ottenuta reimmatricolazione di portare a spasso lo scooter dei sogni o delle proprie tasche. La soddisfazione finale è in parte appannata dalla impegnativa spesa sostenuta (scooter, sabbiatore, cromatore, zincatore, carrozzaio, montatore, meccanico, ricambista), ma è incommensurabile la gioia di appartenere di diritto alla storia scooteristica più luminosa al mondo. Il restauro storico di fatto vincola il proprietario al mantenimento estetico del modello recuperato, quindi per il Modernista certe cromature e finiture potrebbero rimanere un miraggio, se non si dispone di ulteriori ricambi: cofani, pance, manubri, parafanghi, selle, marmitte ecc... Comprare mezzi in regola per il passaggio di proprietà, ovvero provvisti di libretto, cdp- una volta foglio complementare, targa non radiati d'ufficio, è sì più costoso, ma alla fine si rivelerà una situazione ideale per personalizzare senza nessun problema lo scooter. In Inghilterra e Germania per esempio tali imposizioni non esistono, e nel caso britannico questa libertà è stata una delle ragioni scatenanti della fantasia applicata al mezzo. Ma l'Europa unita non doveva portare un avvicinamento delle leggi vigenti nei vari paesi anche in materia di trasporti? In Italia siamo ancora nel medioevo, e spesso anche uno scooterista appassionato ma un pò pigro preferisce acquistare mezzi nuovi privi di storia, fascino e design, non al corrente del fatto che l'acquisto perderà velocemente di valore e interesse anno per anno. Dubito fortemente tra vent'anni esisteranno ricambisti e carrozzai capaci di riprodurre materiali e carene in plastica per scooter asiatici.

Olimpiadi in Cina e "Lambretta" Pato: uno schifo

Alla viglia delle annunciatissime Olimpiadi in Cina a cui in modo ipocrita tutti i potenti del mondo andranno con dei ridicoli distinguo, oltre ad essere amareggiato per la scarsa rlevanza mondiale data ai massacri dei tibetani, io che sono solo uno scooterista mi limiterò a risegnalarvi, data ancora la mia incredulità, lo scandalo dell'orribile scooter in plastica prodotto là: la "Lambretta" (?!)Pato. Non solo è bastato all'onore del Paese sbarazzarsi della Lambretta spedendone le macchine di produzione in India (altro paese che lo storico scooter ha aiutato a rialzarsi) nel 1971, ma c'e' stato pure qualche grande importatore italico che ha avuto il coraggio di farcela rispedire indietro dalla Cina, in plastica e con il famigerato nome Pato. Preciso che lo scooter non ha alcuna attinenza con il marchio Lambretta o Innocenti (pur recandone indegnamente il logo Lambretta), che i Cinesi anche in questo caso si sono prestati , grazie allo schiavismo di massa là praticato, alla produzione e all'importazione di un catorcio che ancora una volta infanga e violenta il Made in Italy per me più sacro. In Inghilterra da quarant'anni importano dall'India modelli di Lambretta perfettamente riconducibili alla produzione storica italaiana, e a detta di esperti meccanici del settore rivedibili spesso solo nel gruppo termico. Provate a farlo in Italia. Vi sommergerebbero di richieste doganali, burocratiche, tecniche, fatte al solo scopo di impedirne la semplice messa in strada, nel paradossale tentativo, riuscito, di non far riportare a casa Lambrette che appartengono alla storia della meccanica e del design italiano, ma che sono state assemblate in India. Da quel paese arriva invece senza problemi come Made in Italy l'ultima generazione dei Px Piaggio, del tutto simili ai nostri, ma catalizzati. Come se non bastasse una pagina pubblicitaria della Pato con testimonial la signorina Valeria Marini , è finita sul notiziario del Lambretta Club Italia, la bibbia di migliaia di appassionati che si dichiarano esponenti della difesa della Lambretta. Sicuramente gliela avranno pagata bene 'sta pagina infame, ma questi signori d'ora in poi perchè non si occupano di qualacos'altro? Lo Scooterista Modernista qui si incazza, esattamente come farebbe se ad un Allnighter gli mettessero su i Tokio Hotel, o se la lavatrice macchiasse in maniera indelebile la Fred Perry del cuore..

domenica 20 luglio 2008

Scooterismo Modernista

Salve, sono un appassionato scooterista Mod di Modena, fondatore con tanti amici del Lambretta Modena e Reggio Emilia Friends, club davvero indipendente e trasversale nel panorama italiano. Sono ad esso iscritti proprietari di Lambretta Innocenti e Vespa Piaggio di tutte le età e provenienza sociale, uniti dal grande amore per gli scooter più belli al mondo. Gli stessi prescelti dal Modernismo come mezzi di trasporto, canone non secondario dell'appartenenza Mod come la scelta musicale ed estetica. Non siamo tutti Mods all'interno del club, magari, ma siamo riusciti a raggrupparne non pochi, grazie anche alla decennale attività e alle serate organizzate degli Emilia Soul Lovers. Non siamo in pochi a pensare, partecipando a diversi raduni in giro per l'Italia, che manchi un grande raduno scooteristico rivolto ai Mods Italiani che possiedono gli storici scooter, e che tale aspetto sia oramai solo a margine dei raduni di Rimini e Marina di Ravenna. Ci dichiariamo a disposizione per contribuire e partecipare alla creazione di un grande raduno sulle due ruote, destinato però solo ai Modernisti, e non allargato a tutti, esattamente come avviene per gli ingressi agli avvenimenti Modernisti più rigorosi. Vedere scendere da una Sx 200 uno in bomber verde, camicia a quadroni ed anfibi sporchi, che per prima cosa chiede in pubblico una birra dopo un fragoroso rutto, non rientra nel mio gusto personale. Per carità c'e' molto di peggio, ma mi piacerebbe tanto partecipare ad un evento creato su misura per chi non disdegna portare un pò di eleganza e stile sulle strade, e naturalmente poi ascoltare buona musica e sistemarsi a dovere una tre bottoni. Questo umilissimo blog nasce appositamente per tenere accessa una fiammella sull'argomento, spronando chi di dovere ad aiutare la Scena italiana a tornare nutrita sulle Giuliari, Acquila, Gaman, Ancillotti... anche quando piove e c'e' brutto, esattamente come i kids inglesi che si dotarono apposta dei Parka a questo scopo. Farlo in Lambretta ci riempie ogni giorno di orgoglio, perchè sono davvero in pochi quelli che ci danno una mano a farlo, e fra questi ringraziamo in Italia Giancarlo di Gavassa, Tino di Paullo, Dean di Rimini, visto che il confronto con il numero dei centri Piaggio proprio non regge. A Marina di Ravenna diamo il buon esempio, intanto grazie a ItaliaMod che aveva pubblicato in copertina il nostro raduno well oriented di Pavullo alla fine di Giugno. Proviamoci di nuovo...